L’ansia è una sensazione fisiologica, che tutti noi proviamo. Livelli moderati d’ansia spesso ottimizzano le nostre prestazioni.
L’ansia è una sensazione fisiologica, che tutti noi proviamo, anzi: livelli moderati d’ansia, coerenti con ciò che esige la situazione, spesso ottimizzano le nostre prestazioni. Il rendimento in caso di compiti che richiedano particolari abilità, come un esame universitario, migliorano se c’è un moderato livello d’ansia, che aumenta l’attenzione e la vigilanza di “quel tanto che basta e non guasta”. Tuttavia, ulteriori incrementi del livello d’ansia, oltre questa soglia ottimale, producono effetti debilitanti, soprattutto se essa non si manifesta in circostanze precise e giustificate, ma invade tutta la nostra vita e genera paura.
Le persone che soffrono di disturbi d’ansia, infatti, spesso non si lamentano solo di essere frequentemente troppo agitate, ma riferiscono paure specifiche e ricorrenti che riconoscono come irrazionali ma al contempo incontrollabili. Sono i sintomi specifici e la paura di questi sintomi a creare disabilità, sebbene l’ansia che ne deriva sia il sintomo utilizzato per definire questo gruppo di disturbi. Non sorprende, quindi, che i farmaci ansiolitici, sebbene riducano l’intensità dell’ansia, spesso non siano di per sé risolutivi, poiché poco efficaci nel ridurre le paure di fondo alla base di ciascun disturbo.
E’ la paura che, in un certo senso, qualifica i vari disturbi d’ansia: esiste la paura degli spazi aperti, di guidare in autostrada, di perdere il lavoro e rimanere senza soldi, di impazzire, il timore del giudizio degli altri, la paura eccessiva della malattia e della morte, e molte altre ancora. L’ansia, quella sensazione spiacevole di apprensione che ci far star male fisicamente e ci fa avere pensieri e previsioni sempre negativi, si alimenta prevalentemente di paura.
Ma oltre alla sensazione di paura, i disturbi d’ansia comportano anche altri sintomi, fisici e comportamentali. A livello fisico possono verificarsi: accelerazione del battito cardiaco, aumentata sudorazione, rialzo della pressione sanguigna, vertigini o capogiri, stanchezza, disturbi gastrointestinali, dolori generali, tensioni muscolari. A livello comportamentale, invece, la reazione principale scatenata dall’ansia, ed anche la più diffusa, è l’evitamento: le persone ansiose cercano immancabilmente di evitare ciò che crea loro ansia.
Che si tratti di animali, di luoghi elevati, aperti o affollati, di rate da pagare, di brutti ricordi o di discorsi da tenere in pubblico, gli ansiosi cercano di evitarli. Nell’immediato la fuga riduce l’ansia, ma nel lungo termine la rafforza e la radica, dando luogo al disturbo e poi peggiorandolo esponenzialmente, poiché si allarga in modo incontrollabile: il soggetto ansioso evita sempre più situazioni e circostanze. Alla fine si sente chiuso in gabbia, una gabbia che peraltro si è costruito con le sue mani; da qui deriva quindi anche il senso di colpa, che genera caduta dell’autostima, abbattimento morale fino a depressione, e paura di non farcela. Un’ansia non curata può provocare a lungo termine vari problemi sulla vita del soggetto: fisici, psicologici, relazionali, lavorativi, etc, quindi è assurdo non far nulla per combatterla.
Ma come uscire da questa situazione?
Innanzitutto, occorre smettere di aggiungere paure a paure, visto che l’ansia di loro si nutre. Molte persone ansiose, infatti, al pensiero di farsi aiutare da un professionista si agitano ancora di più, temendo che non serva a nulla o che addirittura peggiori la situazione. Purtroppo ancora oggi ci sono ancora troppi pregiudizi verso coloro che operano nel campo della salute mentale, psichiatri e psicologi. Molte volte, invece, l’intervento di un professionista si rivela adeguato e vantaggioso: così come un problema di natura fiscale richiede l’intervento di un commercialista, l’ansia talvolta va affrontata con l’aiuto di uno specialista. Rivolgersi ad uno psichiatra o ad uno psicologo è una scelta ragionevole, un segno di umiltà e quindi di forza, non di debolezza.