L’articolo descrive le più comuni ossessioni e la loro cura tramite l’ipnosi clinica
A chi non è mai successo di uscire dall’auto, chiuderla distrattamente e poi chiedersi, dopo poco istanti, “E se non avessi chiuso la portiera?”. Segue irrefrenabile impulso di voler tornare indietro a controllare. Oppure: chi non ha mai fatto pensieri del tipo “La scorsa volta sono passata da questa strada e l’esame è andato bene, quindi ora passo di nuovo di qui, sarà di buon auspicio!”. Questa è una lieve sfumatura di un disturbo molto complesso, il cosiddetto Disturbo Ossessivo Compulsivo, o DOC. La sua gravità varia dai casi limite, molto gravi, trattabili con psicofarmaci e psicoterapia, fino alle forme «sfumate» del disturbo, che colpiscono molte persone (pensiamo per esempio al timore di non aver chiuso la porta di casa, o la macchina, o al senso di «non aver finito» una determinata cosa – «not just right experience») e che rispondono bene anche a un trattamento esclusivamente psicoterapeutico. La struttura centrale del disturbo resta la stessa, mentre il livello della sua gravità può cambiare, e soprattutto varia la sua forma, in termini di tipologia di compulsione.
Di seguito le cinque forme di ossessioni compulsive più diffuse:
1) Checkers: termine che indica persone che sentono l’impulso irrefrenabile di controllare (to check) che qualcosa sia chiuso/bloccato: eseguire quella chiusura o quel gesto rituale, spazza via mentalmente la sensazione che qualcosa non sia finito o non chiuso.
2) Washers: Questi soggetti compulsivamente (si) lavano o puliscono la casa, gli oggetti e gli indumenti, raggiungendo una certa soglia di senso di pulizia e igiene, fugando l’ansiogeno timore di essere contaminati o non perfettamente puliti.
3) Orders: soggetti con la pressante esigenza di creare intorno a sé un ambiente perfetto, usando simmetria e rigore: portapenne con penne e lapis allineati, bordi di libri e riviste allineati, quadri perfettamente diritti, oggetti disposti in modo equidistante gli uni dagli altri. La mancanza di queste rigide regole crea nella persona ansia e agitazione.
4) Repeaters. Si chiamano anche «thinking ritualizes», allontanano i pensieri ossessivi ripetendo un gesto o un’azione, anche mentale (contare fino a 10, ripetere delle parole o dei mantra, cantare canzoncine, ripetersi ritornelli), fino al punto in cui sia raggiunto un sufficiente stato di tranquillità percepita.
5) Hoarders. Questi soggetti, comunemente detti «accumulatori», rappresentano una categoria laterale dei pazienti con disturbo DOC, con la tendenza ad accumulare gli oggetti più disparati, spesso raccolti per strada.
Tutti questi comportamenti, di controllo, pulizia, ripetizione, etc, sono detti compulsioni o rituali.
Le cause del disturbo sono di natura biologica (deficit nel livello della serotonina, infatti il DOC risponde bene al trattamento con gli antidepressivi serotoninergici) ma anche psicologica. Sostanzialmente, il DOC prevede un assetto mentale abbastanza rigido basato sul controllo, la pianificazione, la progettazione, l’ordine, il perfezionismo, ma anche sull’angoscia ed il senso di colpa qualora le cose non vadano prestabilito. Non va dimenticato anche una rigida moralità ed un eccessivo senso di responsabilità.
Quello che si osserva in occasione di una «crisi» di DOC, è l’innalzarsi, a seguito della comparsa del pensiero ossessivo, del livello di ansia e di timore esperito soggettivamente, che viene placato con il ricorso ad uno specifico rituale (di controllo, di pulizia, di ripetizione), che riporta la mente ad un livello di funzionamento normale.
Facciamo un esempio. Un pensiero ossessivo relativamente comune (e che quindi non corrisponde a un desiderio reale) è quello di agire violenza su persone care (bambini, famigliari). Il pensiero emerge come improvviso e procura un senso di timore e allarme. La curva dell’arousal (il livello di attivazione neurofisiologica dell’organismo) sale fino a raggiungere picchi insostenibili per il soggetto, che deve tentare, in tutti i modi, di placare il suo malessere: da qui il ricorso ai rituali.
A volte può verificarsi anche un altro fenomeno, in cui le compulsioni assumono forma di oggetto di dipendenza, e quand’anche il soggetto sperimentasse uno stato di relativa tranquillità con la mente vuota o quasi, «qualcosa», in assenza del pensiero ossessivo, sembrerebbe mancare: da qui il ritorno al pensiero fisso, che viene come ricercato, a metà tra il desiderio e la coercizione (la cosiddetta “coazione a ripetere”).
Per quanto riguarda la terapia, nei casi più gravi viene valutata anche la psicofarmacologia. I casi più sfumati del disturbo rispondono bene anche al solo trattamento psicoterapico, spesso finalizzato ad «ammorbidire» il proprio approccio alla realtà e il proprio senso morale. L’ipnosi terapia può rivelarsi un valido aiuto in casi come questo, innanzitutto come strumento di diminuzione e gestione dello stato d’ansia.
L’ipnosi, infatti, induce nell’organismo il rilascio delle cosiddette endorfine, ovvero gli ormoni del benessere, i nostri ansiolitici interni. Spesso, infatti, i pazienti riferiscono al risveglio una immediata diminuzione dei livelli di ansia. Inoltre, lo stato ipnotico permette la realizzazione, sul piano solo immaginativo, di tutta una serie di efficaci tecniche comportamentali (desensibilizzazione sistematica flooding, bloco del pensiero), senza la richiesta di azioni concrete. Spesso l’esecuzione “mentale” di tali tecniche permette di ottenere risultati equiparabili a quelle eseguite in modo classico.
Durante lo stato ipnotico vengono spesso date suggestioni e descritte metafore per agire anche sul perfezionismo e sull’eccessivo senso morale, nonché sulla volontà di controllo. Infine, tramite la regressione ipnotica è possibile lavorare su episodi critici del passato, che si suppongono alla base del disturbo stesso.